Articolo pubblicato su Economymagazine.it il 06/12/2024
Imprese tradizionali, sociali, benefit e social profit: 4 realtà a confronto per il perseguimento di finalità sociali, con profitto e anche non-profit
Oggi l’investitore, sia professionale che privato, oltre alla possibilità di scegliere fra pressoché infinite aziende ha quella di poter scegliere – a monte – fra diverse tipologie, anzi diverse filosofie di approccio alla redditività. Non vogliamo fornire qui un giudizio di merito: bensì chiarire, in modo speriamo utile, quali sono le diverse modalità di approccio e di obiettivi nel modo di fare business e di generare ritorni.
Che differenze ci sono?
La società di capitali tradizionali è una “classica” organizzazione di persone e mezzi per l’esercizio in comune di un’attività produttiva.
Ha uno scopo lucrativo, cioè genera utili e li distribuisce nei modi di Legge e di statuto.
È un ente dotato di personalità giuridica e autonomia patrimoniale perfetta, ossia, risponde delle obbligazioni sociali soltanto con il suo patrimonio. Il socio, pertanto, ha una responsabilità limitata al capitale e all’apporto conferito.
Le imprese sociali invece nell’ordinamento giuridico italiano sono società che si collocano nella categoria degli enti del Terzo settore con conseguente divieto di distribuire utili.
Ai sensi del D. Lgs 112/17 sono quelle società che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità che favoriscano il più ampio coinvolgimento dei lavoratori e di altri soggetti interessati alle loro attività.
Le società benefit (Sb) sono società tradizionali che, oltre allo scopo di realizzare e distribuire profitto agli azionisti, integrano nel proprio oggetto sociale, in base a una scelta volontaria, lo scopo di avere un impatto positivo di beneficio comune sulla società.
Il legislatore per queste ultime non ha introdotto né deroghe al diritto societario, né agevolazioni di alcuna natura a differenza di quanto previsto per le imprese sociali: come ad esempio la possibilità per gli investitori di beneficiare di una detrazione Irpef del 30% o di una deduzione Ires del 30%, o essere beneficiarie del 5per1000 dalla dichiarazione dei redditi di chiunque.
Sotto il profilo dei controlli in merito all’effettivo svolgimento delle finalità di interesse generale va detto che l’impresa sociale, in quanto ente del Terzo settore, è assoggettata alla vigilanza del Ministero del Lavoro rispetto delle condizioni indicate nel Dlgs 112/17 per il mantenimento dello status di ente del Terzo settore.
Nelle società benefit, invece, i controlli assumono natura meramente interna, essendo affidati agli organi preposti.
La nuova differenza
Le società “social profit” (le evidenziamo così in quanto categoria nascente) sono anch’esse a tutti gli effetti società di capitale tradizionali. Ma con questo aspetto distintivo: le società di capitali, per definizione “enti -profit”, acquisiscono la veste di social profit quando la governance è riconducibile a un ente non-profit, vigilato e regolamentato. In Italia, a partire dal 2017 si tratta degli ETS, ossia gli Enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS.
Una social profit company quindi è una società di capitali, la cui proprietà e governance è riconducibile prevalentemente a uno o più enti non-profit.
In questo schema le diverse tipologie societarie sono rappresentate in funzione del loro approccio e focalizzazione a riguardo dei due scopi: quello di lucro, il profit; e quello sociale, non-profit.
Scopo sociale: profit
Vediamo le differenze concrete negli aspetti dello scopo di lucro:
società tradizionali: nessun limite nella distribuzione degli utili;
imprese sociali: non possono distribuire gli utili;
società benefit: nessun limite nella distribuzione degli utili;
società social profit: nessun limite teorico, ma la maggioranza degli utili va destinata a un ente del terzo settore – e quindi questa parte (consistente!) di profitto deve essere obbligatoriamente utilizzata solo per le finalità sociali al cuore della missione d’impresa.
Scopo sociale: non-profit
Società tradizionali: non è previsto nulla.
Imprese sociali: essendo degli Enti del Terzo settore, lo scopo non di lucro è insito nel dna societario – c’è uno statuto, l’impegno sociale è regolato e vigilato.
Società benefit: per questa tipologia di impresa gli scopi sociali sono integrati nell’oggetto sociale – ma l’impatto sociale generato è su base volontaria, quindi senza che ci sia un controllo vigilato.
Società social profit: a oggi teoricamente non è previsto nulla – ma poiché la proprietà e la governance è riconducibile a enti non-profit, ci si può quindi aspettare che le indicazioni di comportamento e di indirizzo in ambito sociale siano fortemente perseguite vigilate e controllate.
Un altro scopo: il 5×1000
Quando si parla di impatto sociale, per diverse tipologie societarie ci sono benefici fiscali possibili, come ad esempio la destinazione del 5per1000:
società tradizionali: non hanno alcun diritto a riceverlo;
imprese sociali: essendo Enti del Terzo Settore, ne hanno pienamente diritto;
società benefit: non hanno alcun diritto a riceverlo;
social profit: non hanno diritto a riceverlo direttamente, ma ne beneficia il suo azionista di maggioranza – che ne ha pienamente diritto, essendo un ETS.
Bilancio finale?
È da salutare con interesse la nuova opportunità di investire negli strumenti finanziari delle social profit company, sia azioni o bond, in quanto
mantengono al 100% tutte i vantaggi di una azienda profit 100%,
e ogni investitore privato è libero di goderne al 100% senza limitazione.
Con un doppio possibile impatto, in quanto più l’azienda cresce e aumenta di valore, più ogni singolo investitore ne beneficerà.
Così come l’azionista di maggioranza, cioè la non-profit: che avrà più risorse da dedicare – tutte e esclusivamente – alle sue finalità sociali.
Questo nuovo modo di guardare oltre il solito business insomma unisce finalmente un buon profitto a un profitto buono.