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CHE IMPRONTA POSSIAMO LASCIARE?

di Angelo Lazzari, Presidente Fondatore Fondazione Anna e Marco

UNA NUOVA FORMA DI DONAZIONE È LA NUOVA FORMA DEL VALORE

La prossima rivoluzione non è quella digitale: è già avvenuta. 

La vera sfida è: che cosa ci facciano di tutti questi dati?

Il problema non è vigilare sulla velocità dello sviluppo tecnologico, oltretutto acceleratissimo dalla intelligenza artificiale, ma di vigilare sulla direzione dello sviluppo; e se la direzione è quella giusta, beh, acceleriamo!

Che valore nel futuro?

L’ultimo secolo ha visto una crescita molto più forte di qualsiasi tecnologia, e di qualsiasi innovazione umana: cosa super positiva, ma con conseguenze di cui ancora oggi non siamo sempre del tutto consci.

E anche una crescita dell’uomo stesso, nel senso concreto della demografia: siamo passati da 1 a ben 8 miliardi, un dato incredibile – positivo, ma con un impatto a più livelli.

Di pari passo (di conseguenza) c’è stata anche la crescita dello sfruttamento dell’ambiente in cui viviamo, la terra.

La conseguenza?

L’economia del futuro non può che essere la salute.

E qui arrivo al punto su cui vorrei aprire un confronto, con una provocazione: perché possiamo donare i nostri organi, ma non la cartella clinica?

Ecco qual è la donazione che possiamo fare e dobbiamo fare. Una donazione che non ci costa nulla, ma dal grandissimo valore sociale economico – e molto di più.

L’Italia è già avanti: ma come essere “più avanti”?

L’Italia è uno dei paesi più avanzati, sulla normativa delle donazioni, degli enti del terzo settore; e in particolare parlando di salute è un paese guida nella donazione degli organi, del sangue, grazie al quale vengono salvate migliaia di persone ogni giorno.  

Ma ora può e deve esserlo anche per gli “organi digitali”, o meglio per le nostre nuove “impronte sanitarie” digitali – che possiamo lasciare attraverso dati scritti e analisi, certo, ma anche in nuovi modi, vedi quelle biometriche.

Insomma: mi piace pensare che potremmo essere un esempio di impatto positivo del digitale e della intelligenza artificiale applicata alla economia della salute.

In questo senso, l’apporto di categorie professionali coinvolte dalla materia a vario titolo (penso a commercialisti, notai, avvocati) sarebbe molto interessante.

… Magari ne riparleremo presto!

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Pausa. Rewind. Cosa è una donazione?

La donazione è la trasformazione di un bene privato in bene pubblico, donarsi è aprirsi all’altro. 

Dal punto di vista legale (art. 769 del codice civile) la donazione è il trasferimento di un bene, dal donatore al ricevente, per spirito di liberalità. Insomma una parte arricchisce l’altra.

La democratizzazione digitale della salute quindi sarebbe la condivisione – anonima, libera e gratuita – dei propri dati digitali della salute, a tutti. All’altro.

Ecco cosa intendo quando parlo di donazione degli organi o nuove impronte digitali.

I nostri dati, meglio dati.

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In teoria, sì: ma in pratica?

A questo punto una domanda cruciale è: possiamo fare la donazione dei nostri dati digitali della salute, in modo anonimo? 

In teoria si, in pratica no!

Ad oggi è possibile fare questa donazione dei dati sanitari solo per scopi clinici: ma non esiste una normativa che consenta la donazione dei propri dati sanitari.

Il meccanismo attuale della condivisione di questi dati segue un percorso burocratico lungo, pesante e molto oneroso economicamente. Bisogna attuare e rispettare sia le indicazioni del DL 211/2003 relative alla buona pratica clinica, che del DL 196/2003 in materia di protezione dei dati personali.

Per carità: è tutto corretto dal punto di vista dei diritti personali di ognuno di noi. Ma mi chiedo: la nostra salute, quella dei nostri cari, la salute pubblica, non è forse un diritto che viene prima? 

Come diceva Schopenhauer, la salute non è tutto, ma senza salute non esiste nulla.

Nel mio piccolo, credo che “io” venga ben dopo il “noi”.

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Una soluzione potrebbe essere, sull’esempio del testamento biologico, un testamento delle impronte sanitarie, magari attraverso soluzioni digitali, come L’Altro Testamento, in cui lasciare in modo semplice certo e sicuro le nostre volontà in materia di dati digitali.

Si potrebbe pensare anche a una fondazione del terzo settore, che raccolga e condivida questo patrimonio digitale dal valore economico e di salute inestimabile.

Una fondazione di tutti e di nessuno, che riceva le donazioni dei dati digitali sanitari, anonime quindi di tutti e di nessuno, e disponibile a tutti e quindi che nessuno ne possa abusare.

Faccio appello alle varie professionalità, dai medici agli operatori sanitari in genere, dagli avvocati a operatori del diritto, a imprenditori della salute, a filosofi e operatori in genere in ambito etico: … vogliamo parlarne?

Personalmente, come presidente della Fondazione Anna e Marco, metto a disposizione tutte le conoscenze delle società e aziende di sua proprietà, come ad esempio proprio L’Altro Testamento.

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“Guardare oltre”: la nostra luce

Per me la conoscenza è come chi accende la candela di un altro, riceve la luce dalla nostra candela senza lasciarci al buio. 

La mia è piccola piccola: ma insieme alla luce di tante altre candele, possiamo accenderne tante altre. 

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un’etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.
(Jorge Luis Borges, I giusti)
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