di Angelo Lazzari – Presidente Fondatore Fondazione Anna e Marco (ETS) – Imprenditore della finanza
I non-profit sono organismi privati (non pubblici) che operano, fanno, mettono in pratica azioni attività nell’interesse di soggetti terzi senza scopo di lucro per chi li fa.
Sia ben inteso: anche molte società profit operano in tal senso, ma non in modo esclusivo e senza avere limiti e vincoli nella distribuzione degli utili, del profit.
Entrambe, profit e non-profit, per raggiungere il loro scopo, sia sociale che economico, devono essere sostenibili economicamente, senza se e senza ma.
LE PAROLE SONO IMPORTANTI
In questo momento va molto di moda la parola sostenibilità – soprattutto ambientale, ecologica, climatica eccetera – ma senza quella economica non sono possibili tutte le altre (e chi non ne parla, o addirittura ne è schifato dell’aspetto economico, sicuramente è un privilegiato perché i suoi bisogni economici sono garantiti da organizzazioni pubbliche o statali).
Il significato etimologico di sostenere è “tenere su”: un ponte è sostenuto (tenuto su) da pilastri, sostenere i figli significa tirar su i figli, un’azienda è sostenibile se tenuta su dai conti economici, sia essa profit o non-profit.
Le buone intenzioni non bastano (se non per avere la coscienza a posto in pubblico, ma davanti allo specchio non possiamo mentire). Bisogna fare, lottare per metterle in pratica; ed è imprescindibile dal reperimento di risorse umane e economiche.
Un ente non-profit perché possa essere definito tale deve essere il più possibile indipendente, reggersi sulle proprie gambe, essere sostenibile economicamente!
Prendiamo ad esempio il vero e originario mondo delle organizzazioni cooperative, come le società operaie o di mutuo soccorso. Esse prevedevano il versamento settimanale di un contributo da parte degli associati, i quali poi avevano diritto di ricevere assistenza e servizi.
Da queste prime esperienze sono derivate le cooperative di consumo: i vari soci, unendosi e facendo un versamento, grazie alla massa critica possono comprare alimenti o beni a prezzi minori.
Un’altra forma molto diffusa è la cooperativa di lavoro, in cui soci apportano le loro capacità lavorative (il “versamento”) e in cambio ricevono condizioni di lavoro più vantaggiose, sia in termini economici che qualitativi.
Le cooperative originarie, vere, hanno alla base la loro indipendenza economica, la loro stabilità e forza è proprio il loro essere indipendenti economicamente grazie ai versamenti monetari o in natura dei soci.
Come è che poi molte sono diventate sempre di più associazioni che vivono solo grazie a finanziamenti pubblici, e in buona parte pure a fondo perduto? Soggetti che dipendono dallo Stato, dalla “carità di Stato”, senza alcuna propria autonomia economica. Questo tipo di cosiddette cooperative (ma anche srl) nel migliore dei casi non sono altro che una propaggine dello Stato, della mano pubblica, sono organismi di fatto pubblici: e non possono essere definiti NON-PROFIT, perché NON-PROFIT per definizione sono organismi privati!
Lo scopo delle vere cooperative mutualistiche è sia PROFIT (servizi a minor costi, risparmio sui costi e quindi profit) che ovviamente anche NON-PROFIT, in quanto non c’è una distribuzione degli utili a soci, ma essi vengono utilizzati per offrire sempre migliori servizi ai vari associati o a terzi.
Le cooperative (o beninteso anche le altre forme giuridiche) che nascono per sfruttare i finanziamenti pubblici (a tutti i livelli, da quelli europei, a quelli statali a quelli comunali), sicuramente non generano nessun profit; al contrario sono dissipatori del profit prodotto da terzi.
Anzi sono meno NON-PROFIT, perché alla fine sono profit che ap-profit-ano delle risorse della collettività, dei singoli cittadini contribuenti.
MA PERCHÉ STIAMO DIVENTANDO, SEMPRE PIÙ, DEMOCRAZIE DELLE GALLINE?
Le galline, dicono, hanno poco cervello. E sono pure parecchio indisciplinate (questo ve lo confermo personalmente, da figlio di contadini e avendo “vissuto” il pollaio vero). Questo implica che sia impossibile, per il povero il fattore, farsi ascoltare e gestirle.
Quale è la soluzione?
Semplice: basta poco, basta far vedere loro che si hanno in mano dei chicchi di mais, farne cadere qualcuno… ed ecco che
tutte le galline si azzuffano per qui pochi grani – e lo seguono!
Un esempio di strumento recente e molto in voga utilizzato dalle democrazie delle galline sono i Click day. Visto che gli organismi nazionali o sovranazionali paiono incapaci di destinare risorse economiche in base a criteri equi e/o in base ai sani principi democratici, la loro assegnazione avviene attraverso la gara a chi clicca più velocemente – in pratica fedeli ai principi delle democrazie del gratta e vinci! Ma così viene quindi meno il loro principio fondante, quello democratico… E mi si parla di sostenibilità? Dove è la sostenibilità?
Ma la sana società civile italiana, fatta di persone e di imprese che, non avendolo garantito, lottano ogni giorno per guadagnarsi il pezzo di pane, per loro e anche per altri, in modo sostenibile: sono queste il seme inesauribile del NON-PROFIT!
Nonostante le democrazie delle galline facciano di tutto per seppellire l’approccio economico del non-profit, i “portatori sani” del buon Valore crescono e fanno crescere.
Il non-profit è il seme! E noi possiamo coltivare il futuro.
Colgo l’occasione di questo articolo per ricordare un (per ora) piccolo esempio di ciò che intendo per non-profit indipendente e lungimirante: la Fondazione Anna e Marco ETS, che ho creato e messo a capo della mia holding – in ottica sia successoria che di generazione di Valore economico e sociale nel tempo.
Credo sia un approccio interessante per non pochi imprenditori. E naturalmente sono a disposizione per parlarne – scrivetemi nei commenti o nei messaggi, oppure a fondazione@annaemarco.it